mercoledì 8 novembre 2017

6°LEZIONE - "Barocco" (II°parte)


Nel Seicento, l’ausilio di strumenti come la camera ottica è, inoltre, accompagnato dall’impiego di una pittura illusionistica che fa, sì, uso della prospettiva ma in modo distorto, attraverso l’impiego di tecniche come “il sotto in su”, “la quadratura” e “l’anamorfosi”, utilizzate soprattutto per affrescare gli interni architettonici delle chiese barocche.
Il “sotto in su” (cioè, visto da sotto) era l’espressione usata per descrivere un trucco illusionistico, nato nel Rinascimento e molto in voga nel Barocco, che si avvale della rappresentazione di finte strutture architettoniche che svaniscono in uno sfondo naturalistico (spesso un cielo) di modo da dare l'illusione della profondità della prospettiva. Un famoso esempio di “sotto in su” è il tondo dipinto nella Camera degli Sposi (una stanza del castello di San Giorgio a Mantova)dall’artista rinascimentale Andrea Mantegna. Similmente al “sotto in su”, anche la “quadratura” veniva eseguita su soffitti piatti o con volta a botte, integrando sovente l'architettura già esistente ed incentrando la prospettiva su un punto focale centrale. La “quadratura”, nascendo nel Barocco, può dunque essere considerata come un affinamento della precedente tecnica del “sotto in su”: infatti il “sotto in su” era eseguito in modo intuitivo dagli artisti, mentre la “quadratura” era realizzata attraverso l’applicazione di avanzate formule matematiche e complesse misurazioni architettoniche, dove nulla era lasciato al caso. Spesso la “quadratura” includeva figure anamorfiche. Un famoso esempio di quadratura (completa di figure anamorfiche) è visibile sul soffitto della Chiesa di Sant’Ignazio a Roma, eseguito dall’artista barocco Andrea Pozzo. L’anamorfosi è la rappresentazione di una scena o di una figura con prospettiva deformata. L’immagine, dapprima distorta e irriconoscibile, diventa proporzionata e regolare solo se osservata da un certo punto dello spazio, o riflessa in uno specchio cilindrico o conico. Già sperimentata da Leonardo da Vinci, si diffonde nel ‘500 e soprattutto in età barocca con il sorgere di problemi connessi alla decorazione di grandi pareti curve e alla scenografia teatrale, diventando più tardi un divertente gioco ottico. Anamorfico è uno dei più celebri dipinti di Hans Holbein, “Gli Ambasciatori”, del 1533, dove è visibile l'immagine di un teschio tridimensionale che, per effetto della deformazione ottica si può vedere correttamente solo se si è posizionati sul lato destro del dipinto, a qualche metro di distanza. 


La pittura barocca fa, inoltre, un uso molto particolare della luce, come dimostrano molte opere di Caravaggio. Il dipinto “Giuditta e Oloferne”, commissionato dal banchiere Ottavio Costa, può essere un ottimo esempio per comprendere questo aspetto. In questo quadro Caravaggio rappresenta l'episodio biblico della decapitazione del condottiero assiro Oloferne da parte della vedova ebrea Giuditta, che voleva salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera. Giuditta è raffigurata intenta a mozzare la testa di Oloferne con una spada (detta “storta” perché leggermente ricurva), mentre alla scena assiste una vecchia serva. Caravaggio ha volutamente inserito una serva così vecchia e brutta perché facesse da simbolico contraltare alla bellezza e alla giovinezza della vedova. In questo modo l'artista intendeva sottolineare le differenze tra le due figure e far risaltare maggiormente la prima, in quanto ella incarna grandi valori morali. Infatti Giuditta, presentata come strumento di salvezza che Dio offre al popolo ebraico, è la rappresentazione simbolica della Chiesa stessa col suo ruolo salvifico, ulteriormente testimoniato dal colore bianco della camicia della donna, che richiama la purezza. Un altro aspetto che colpisce nella figura di Giuditta è il fatto che il suo abbigliamento è quello tipico delle donne contemporanee a Caravaggio (tanto più se si pensa che Caravaggio abbia dipinto il quadro pensando alla storia di Beatrice Cenci, una ragazza che, insieme alla matrigna e al fratello, uccisero il padre padrone, dopo averlo addormentato con l'oppio). Questo artista, infatti, si è spesso servito di questo espediente per attualizzare le sue rappresentazioni, permettendo così alle persone del suo tempo di rispecchiarsi nei personaggi dei suoi dipinti. Ma la figura che cattura immediatamente la nostra attenzione è quella di Oloferne: il suo sguardo vitreo farebbe supporre che sia già morto, ma lo spasmo e la tensione dei muscoli indurrebbero a pensare il contrario. In generale, non ci sono molti elementi che contribuiscono a rendere nota l'ambientazione della scena: a parte il panneggio rosso in alto a sinistra e una parte minima del letto su cui giace Oloferne, tutto è avvolto dall’oscurità dello sfondo nero. Ecco perché, osservando i quadri di Caravaggio, si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una rappresentazione teatrale: la luce colpisce unicamente gli attori mentre il palco rimane immerso nel buio, così da permettere al pubblico di osservare la recita amplificandone il coinvolgimento.
 



Un’altra caratteristica dell’arte barocca è la predilezione per sculture molto dinamiche, cioè che alludono fortemente al movimento compiuto dal soggetto, rappresentato sempre durante l’azione. Lo scultore Gian Lorenzo Bernini ci offre numerosi esempi in tal senso: se, infatti, paragoniamo il suo “David” con quello rinascimentale realizzato da Michelangelo, la differenza sarà subito evidente. La scultura di Michelangelo, nel pieno rispetto del periodo classico dell’arte greca, ci presenta un David proporzionato secondo il Canone di Policleto, con una postura contraddistinta dal chiasma, un’espressione del volto appena accennata e rappresentato semi-statico nel momento successivo alla sconfitta del gigante Golia (cioè “a cose fatte!”). La scultura di Bernini, invece, nel pieno rispetto del periodo ellenistico dell’arte greca, ci presenta un David totalmente dinamico attraverso la completa rotazione del busto (che gli serve a darsi la spinta per scagliare violentemente la pietra con la fionda), in piena tensione fisica (deve  infatti raccogliere tutta la sua forza e la sua concentrazione se vuole colpire e uccidere il suo gigantesco bersaglio) e psicologica (il volto, soprattutto la bocca, è contratto a causa dello sforzo enorme). In altre parole, la scultura di Bernini rappresenta un David “in azione” e noi stiamo assistendo al momento culminante dello scontro fra lui e il gigante.