lunedì 9 ottobre 2017

2°LEZIONE - "Rinascimento" (I°parte)


LA PROSPETTIVA
Il termine “prospettiva” deriva dalle parole latine “prospicere” (“guardare lontano”) e “perspicere” (“vedere chiaramente”). La prospettiva è un sistema di rappresentazione dello spazio tridimensionale su una superficie bidimensionale. Essa si serve di precise regole matematiche, rigorosamente osservate dagli artisti del Rinascimento, basate su tre elementi: la linea d’orizzonte, il punto di fuga e la linea di terra. 

Il punto di fuga è il punto verso il quale convergono tutte le linee parallele; esso corrisponde al punto di vista dell’osservatore (determinando quindi la posizione di quest’ultimo nello spazio). Per linea d’orizzonte s’intende invece la linea orizzontale che attraversa, immaginariamente, il piano di proiezione alla medesima altezza del punto di vista dell’osservatore. Per linea di terra, infine, s’intende quella linea che disegna il piano di appoggio illusorio sul quale “si muove” l’osservatore. Scopo della prospettiva è quello di riprodurre artificialmente la profondità e i volumi degli oggetti creando così l’illusione di uno spazio tridimensionale. Dunque la prospettiva non riproduce la realtà, ma rappresenta piuttosto una realtà e cioè quella percepita dalla mente umana. 


L’invenzione della prospettiva si deve all'architetto rinascimentale Filippo Brunelleschi, che nel 1400 elaborò questa teoria grazie ad un esperimento pratico, realizzato con una tavoletta ed uno specchio. L’esperimento consisteva nell'eseguire un disegno su una tavoletta di legno, sulla quale era stato praticato un foro. A questo punto, ruotando la tavoletta di 180° orizzontalmente, dal foro era possibile osservare il disegno mentre si rifletteva nello specchio posto di fronte. Affinché l’esperimento risultasse corretto, l’immagine riflessa doveva combaciare con quella reale (cioè con l’oggetto scelto per essere rappresentato nel disegno). Per il suo esperimento, Brunelleschi scelse di rappresentare sulla tavoletta una parte della facciata del Battistero del Duomo di Firenze. Constatata la verosimiglianza dell’immagine disegnata con quella reale, Brunelleschi condivise la sua scoperta con i suoi contemporanei e così, ben presto, la prospettiva si diffuse tra tutti gli artisti del Rinascimento. La grande popolarità raggiunta da questa invenzione è dovuta a due ragioni: la prima è certamente la facilità con la quale era possibile mettere in pratica questo procedimento; mentre la seconda si deve alla sua peculiare caratteristica di considerare il punto di vista dell’osservatore come determinante nella realizzazione dell’immagine stessa. Ponendo infatti  al centro l’individuo, che osserva il mondo dal suo punto di vista, la prospettiva risultava essere in perfetto accordo con la cultura rinascimentale, nella quale l’essere umano è considerato protagonista assoluto del suo tempo e artefice del proprio destino. 



PRIMA DELL’INVENZIONE DELLA PROSPETTIVA
Prima dell’invenzione della prospettiva, la rappresentazione per immagini di ciò che ci circonda era approssimativa o poco rassomigliante alla realtà per come la percepiamo. Si adottavano visioni e stratagemmi diversi in base al contesto storico e culturale degli artisti. In questa sede, gli esempi menzionati mostrano tre differenti metodi per rappresentare lo spazio ed i volumi delle forme che lo occupano, adottati prima dell’invenzione della prospettiva. Il primo metodo risale alla cultura dell’Antico Egitto in cui la raffigurazione del reale rappresentava le cose come sono e non come si vedono. Infatti se osserviamo la porzione di affresco sottostante, conosciuta col nome di “Stagno con giardino” (del XV sec. a.C., conservata al British Museum di Londra), noteremo che nella pittura come nella realtà la vasca è un rettangolo e gli alberi sono verticali rispetto al bordo. Altri metodi di rappresentazione ci vengono dal Medioevo. Ad esempio nella “Maestà” di Duccio, una pala d’altare realizzata a tempera (del 1308-1311, conservata nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena), è possibile constatare l’evidente differenza di dimensioni dei personaggi che circondano il trono rispetto all'enorme figura centrale della Madonna che tiene in braccio Gesù bambino. In quest’opera l’artista ha volutamente scelto di rappresentare la divinità in modo esageratamente grande e quindi sproporzionato per conferirle una maggiore importanza all'interno della composizione. 


Invece, nel ciclo di affreschi delle “Storie di San Francesco” di Giotto (del 1292-1296, conservate all'interno della Basilica Superiore di Assisi) l’effetto di profondità è dato dal convergere delle linee verso un asse centrale, un metodo conosciuto col nome di “schema a lisca di pesce” già adottato dalla pittura romana.