Nel Seicento, l’ausilio di strumenti come la camera ottica è, inoltre, accompagnato dall’impiego di una pittura illusionistica che fa, sì, uso della prospettiva ma in modo distorto, attraverso l’impiego di tecniche come “il sotto in su”, “la quadratura” e “l’anamorfosi”, utilizzate soprattutto per affrescare gli interni architettonici delle chiese barocche.
Il “sotto in su” (cioè, visto da sotto)
era l’espressione usata per descrivere un trucco illusionistico, nato nel
Rinascimento e molto in voga nel Barocco, che si avvale della
rappresentazione di finte strutture architettoniche che svaniscono in uno
sfondo naturalistico (spesso un cielo) di modo da dare l'illusione della
profondità della prospettiva. Un famoso esempio di “sotto in su” è il tondo
dipinto nella Camera degli Sposi (una stanza del castello di San Giorgio a
Mantova)dall’artista rinascimentale Andrea Mantegna. Similmente al “sotto in
su”, anche la “quadratura” veniva eseguita su soffitti piatti o con volta a
botte, integrando sovente l'architettura già esistente ed incentrando la
prospettiva su un punto focale centrale. La “quadratura”, nascendo nel Barocco,
può dunque essere considerata come un affinamento della precedente tecnica del
“sotto in su”: infatti il “sotto in su” era eseguito in modo intuitivo dagli
artisti, mentre la “quadratura” era realizzata attraverso l’applicazione di
avanzate formule matematiche e complesse misurazioni architettoniche, dove
nulla era lasciato al caso. Spesso la “quadratura” includeva figure
anamorfiche. Un famoso esempio di quadratura (completa di figure anamorfiche) è
visibile sul soffitto della Chiesa di Sant’Ignazio a Roma, eseguito
dall’artista barocco Andrea Pozzo. L’anamorfosi è la rappresentazione di
una scena o di una figura con prospettiva deformata. L’immagine,
dapprima distorta e irriconoscibile, diventa proporzionata e regolare solo se
osservata da un certo punto dello spazio, o riflessa in uno specchio cilindrico
o conico. Già sperimentata da Leonardo da Vinci, si diffonde nel ‘500 e
soprattutto in età barocca con il sorgere di problemi connessi alla decorazione
di grandi pareti curve e alla scenografia teatrale, diventando più tardi un
divertente gioco ottico. Anamorfico è uno dei più celebri dipinti
di Hans Holbein, “Gli Ambasciatori”, del 1533, dove è visibile l'immagine di un teschio tridimensionale che, per effetto della
deformazione ottica si può vedere correttamente solo se si è posizionati sul
lato destro del dipinto, a qualche metro di distanza.
La pittura barocca fa, inoltre, un
uso molto particolare della luce, come dimostrano molte opere di Caravaggio. Il
dipinto “Giuditta e Oloferne”, commissionato dal banchiere Ottavio Costa, può
essere un ottimo esempio per comprendere questo aspetto. In questo quadro
Caravaggio rappresenta l'episodio biblico della decapitazione del condottiero
assiro Oloferne
da parte della vedova ebrea Giuditta,
che voleva salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera. Giuditta è
raffigurata intenta a mozzare la testa di Oloferne con una spada
(detta “storta” perché leggermente ricurva), mentre alla scena assiste una
vecchia serva. Caravaggio ha volutamente inserito una serva così vecchia e
brutta perché facesse da simbolico contraltare alla bellezza e alla giovinezza
della vedova. In questo modo l'artista intendeva sottolineare le differenze tra
le due figure e far risaltare maggiormente la prima, in quanto ella incarna
grandi valori morali. Infatti Giuditta, presentata come strumento di salvezza
che Dio offre al popolo ebraico, è la rappresentazione simbolica della Chiesa
stessa col suo ruolo salvifico, ulteriormente testimoniato dal colore bianco
della camicia della donna, che richiama la purezza. Un altro aspetto che
colpisce nella figura di Giuditta è il fatto che il suo abbigliamento è quello
tipico delle donne contemporanee a Caravaggio (tanto più se si pensa che
Caravaggio abbia dipinto il quadro pensando alla storia di Beatrice Cenci, una
ragazza che, insieme alla matrigna e al fratello, uccisero il padre padrone,
dopo averlo addormentato con l'oppio). Questo artista, infatti, si è spesso
servito di questo espediente per attualizzare le sue rappresentazioni,
permettendo così alle persone del suo tempo di rispecchiarsi nei personaggi dei
suoi dipinti. Ma la figura che cattura immediatamente la nostra attenzione è
quella di Oloferne: il suo sguardo vitreo farebbe supporre che sia già morto,
ma lo spasmo e la tensione dei muscoli indurrebbero a pensare il contrario. In
generale, non ci sono molti elementi che contribuiscono a rendere nota
l'ambientazione della scena: a parte il panneggio rosso in alto a sinistra e
una parte minima del letto su cui giace Oloferne, tutto è avvolto dall’oscurità
dello sfondo nero. Ecco perché, osservando i quadri di Caravaggio, si ha
l’impressione di trovarsi di fronte ad una rappresentazione teatrale: la luce
colpisce unicamente gli attori mentre il palco rimane immerso nel buio, così da
permettere al pubblico di osservare la recita amplificandone il coinvolgimento.
Un’altra caratteristica dell’arte
barocca è la predilezione per sculture molto dinamiche, cioè che alludono
fortemente al movimento compiuto dal soggetto, rappresentato sempre durante
l’azione. Lo scultore Gian Lorenzo Bernini ci offre numerosi esempi in tal
senso: se, infatti, paragoniamo il suo “David” con quello rinascimentale
realizzato da Michelangelo, la differenza sarà subito evidente. La scultura di
Michelangelo, nel pieno rispetto del periodo classico dell’arte greca, ci
presenta un David proporzionato secondo il Canone di Policleto, con una postura
contraddistinta dal chiasma, un’espressione del volto appena accennata e
rappresentato semi-statico nel momento successivo alla sconfitta del gigante
Golia (cioè “a cose fatte!”). La scultura di Bernini, invece, nel pieno
rispetto del periodo ellenistico dell’arte greca, ci presenta un David totalmente
dinamico attraverso la completa rotazione del busto (che gli serve a darsi la
spinta per scagliare violentemente la pietra con la fionda), in piena tensione
fisica (deve infatti raccogliere tutta
la sua forza e la sua concentrazione se vuole colpire e uccidere il suo
gigantesco bersaglio) e psicologica (il volto, soprattutto la bocca, è
contratto a causa dello sforzo enorme). In altre parole, la scultura di Bernini
rappresenta un David “in azione” e noi stiamo assistendo al momento culminante
dello scontro fra lui e il gigante.